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Archive for the ‘Pensieri liberi’ Category

paris-paixVenerdì, 13 novembre 2015. Una data destinata ad essere ricordata non solo nella cronaca, ma probabilmente nei libri di storia. Parigi sotto attacco, kamikaze in azione nel cuore della capitale francese, bombe, sparatorie, centinaia di morti.

Non si è raggiunta (per fortuna) la violenza mediatica dell’11 settembre 2001, con quelle immagini eterne del rogo delle torri gemelle in drammatica diretta sui canali televisivi di tutto il mondo, ma la comunità globale dei social network ha avuto modo di esprimersi come mai era successo.

Tante parole. Troppe parole.

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Grazie, Pino

Quando muore un cantante come Pino Daniele, le lacrime non sono solo per la perdita dell’uomo e dell’artista, ma soprattutto per quelle emozioni che le sue canzoni ci hanno regalato: emozioni che fanno parte della nostra storia e che, in un certo senso, muoiono con lui, ma che, per altro verso, proprio grazie a quelle canzoni, conquistano il diritto all’immortalità.

Chi ama Napoli come capita a me, sa che non potrà cantarla con parole più dolci di quelle ascoltate in Napul’é o ricordarla con suggestioni di più struggente nostalgia di quelle evocate dalle note di Terra mia. La sua chitarra e la sue voce irripetibile continueranno a risuonare nel nostro cuore, finché non cesserà di battere, come è accaduto al suo nella notte che precede la visita della befana nell’anno in cui avrebbe dovuto celebrare i suoi 60 anni.

Non credo che la sua morte ci priverà di grandi capolavori, perché il tempo della grazia creativa era ormai passato, come si era attenuato il rapporto con le radici della sua ispirazione, poste nel ventre di Partenope. Nel respiro cosmopolita di Roma e fra le colline della Toscana il suo talento di musicista poteva continuare ad affinarsi cogliendo i frutti di una ritrovata serenità, ma dubito che avrebbe saputo rinnovare quelle potenza e quel genio che solo il legame con una terra di passione e di sofferenza poteva alimentare.

Eppure, sentiamo che è venuto a mancare qualcosa. Perché con lui muore un pezzo di noi. Riascoltare le sue canzoni, riproposte in continuazione nelle ultime ore, ci fa tornare in mente i tempi in il primo incontro con quelle note e quelle parole ci aiutava a capire la vita, una vita tutta ancora da scrivere, ma che già si cullava in quelle armonie fatte di nostalgia e ribellione. Quando è uscito l’album Terra mia, avevo 10 anni. Pino Daniele ne aveva 22. Cantava con energia in nome di una città, di un popolo, di un mondo che con la sua musica poteva cambiare. Oggi ritorno alle sue canzoni – che restano con noi anche oltre la sua morte – ma sono diverse le orecchie che ascoltano. La nostalgia prende il posto della speranza. E la dolcezza del ricordo non mitiga la delusione per un tempo trascorso invano, in una città perduta, abbandonata da tutti e dallo stesso Daniele, ormai emigrato verso altri lidi.

Per questo oggi piangiamo. Non per la morte di un uomo conosciuto solo da lontano, ma per il piccolo mondo che porta con sé. Per i sogni sognati ascoltando la sua musica, che non tornano più. Per quella bellezza consumata dal tempo, che non muore ma sfuma nel ricordo. Per le occasioni perdute, che trasformano la speranza in rimpianto.
Questo ho cercato di spiegare a mio figlio, che mi chiedeva se avevo pianto per la morte di Pino Daniele, ma credo che gli ci vorranno anni per capire, molti anni. E gli auguro di incontrare nella sua vita canzoni così belle per segnare i suoi ricordi.

Per tutto questo, grazie Pino.

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Dopo la trionfante vittoria con la Germania, è arrivata la pesante sconfitta con la Spagna. Avrei potuto dire “umiliante”, visto il pesante passivo di 4 goal, ma l’aggettivo avrebbe penalizzato oltre gli effettivi demeriti una squadra che si è battuta con grande dignità fino all’ultimo, disputando un ottimo torneo. Sono stati travolti dalla furia rossa, pagando una indubbia inferiorità sul piano tecnico, contro cui nulla ha potuto una grande generosità di cuore, non sorretta – questa volta – da una sufficiente energia nelle gambe.

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Il Napoli ha vinto la Coppa Italia, battendo la Juventus per 2-0 nello stadio Olimpico di Roma. A 22 anni di distanza dall’ultimo trofeo – la Supercoppa italiana del 1990 strappata proprio ai bianconericon un sonante 5-1 dal Napoli di Maradona, Careca e Silenzi (!) – la squadra azzurra torna ad alzare una coppa, togliendosi lo “sfizio” di battere la squadra campione d’Italia, fin qui imbattuta.

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L’Associazione Laici e Gesuiti per Napoli, nel suo ciclo itinerante di incontri, ha fatto tappa a Scampia per parlare di un tema quasi provocatorio: giovani, lavoro e formazione. Quasi un ossimoro in un momento di crisi globale e nel più degradato quartiere della città con il più elevato tasso di disoccupazione giovanile del paese.

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Nel consueto zapping serale ho incrociato il film tratto dal libro di Tiziano e Folco Terzani, che racconta la storia del loro ultimo dialogo, estremo saluto prima dell’ormai certa e prossima morte del padre: La fine è il mio inizio.

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I giornali sparano le notizie sugli indebiti prelievi della famiglia Bossi dei conti della Lega: come già accaduto per altri partiti meno inclini al moralismo, anche il movimento cresciuto sotto la bandiera di “Roma ladrona” dimostra di essersi perfettamente ambientato nella cultura del malcostume italiano. Centinaia di migliaia di euro sottratti agli italiani con il pretesto dei rimborsi elettorali sono finiti nelle tasche del Senatur e dei suoi poco brillanti figli per far fronte a capricci quotidiani e spese domestiche.

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Uscendo dalla stazione Termini,come mi capita di fare spesso in questo periodo, il mio sguardo viene attratto dalla pubblicità che campeggia sul negozio della Nike. Sotto il fisico statuario di Cristiano Ronaldo, stella bella e talentuosa del calcio moderno (ma io continuo a preferire il tozzo e ribelle Maradona), risplende lo slogan: “conta solo la vittoria!”.

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Stamattina, seguendo distrattamente la rassegna stampa in tv, mentre accompagnavo i miei figli nel percorso ad ostacoli che si interpone fra il risveglio e l’uscita dalla porta in direzione verso la scuola, un titolo ha colpito la mia attenzione. Apriva la pagina de “Il Giornale” e lanciava insieme una notizia agghiacciante e un interrogativo pesante: “Svizzera, morti 22 bambini Ma perché Dio si è distratto?“.

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Ieri sera, allo Stanford Bridge di Londra, si è chiuso il glorioso cammino del Napoli in Champions League. Una secca sconfitta per 4-1 ha vanificato il risultato dell’andata, quando il Napoli aveva battuto il Chelsea per 3-1. Nonostante l’esito, non è stato un match a senso unico, con un Napoli che ha creato più occasioni su azione, ma ha incredibilmente subito i calci piazzati e in particolare i corner, dove gli inglesi sono stati sempre pericolosi.

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