Oggi scuola guida con Chiara. Abbiamo preso la Fiat Punto di nonno Vincenzo per consentirle di avere sotto i piedi tre pedali e di provare l’irresistibile ebbrezza del gioco di frizione.
Siamo scesi per Coroglio godendoci lo spettacolo di un tramonto infuocato sulla piana di Pozzuoli, che esaltava il profilo di Nisida, Capo Miseno, Ischia, Procida. Niente di meglio per ricordare alla giovane emigrante di famiglia le meraviglie inarrivabili della sua città natale, con buona pace dei dolci portici bolognesi.
Ci siamo spinti fino a Pozzuoli passando per Fuorigrotta e tornando per Via Napoli. Nonostante l’attenzione concentrata sulla strada, abbiamo apprezzato ogni metro di quel percorso fra i campi Flegrei e il lato occidentale del Golfo di Napoli.
Alla fine, mi sono distratto, dimenticando quasi i rischi connessi alla guida inesperta della giovane ragazza alla mia sinistra: una donna quasi fatta che negli anni aveva preso il posto della bambola rotonda, vivace e instancabile, pronta ad alternare senza sosta pianto e sorriso per spingere al limite la paziente resistenza di noi giovani genitori.
Mentre il mondo si divertiva ad ammirare le prodezze di Messi e Mbappè, intenti a contendersi la coppa dorata di un mondiale fasullo, io mi affidavo con fiducia crescente alla sua guida sempre più sicura. E mi immergevo in quel tempo magico, felice di essere padre, vicino a quella figlia che affrontava l’ennesima prova per conquistare un’altra centimetro di orgogliosa autonomia.
Con qualche piccola incertezza abbiamo risalito le rampe di Coroglio, lasciandoci alle spalle il mondo misterioso di Nisida e l’eterna scommessa incompiuta di Bagnoli, sospesa fra passato e futuro. Abbiamo riportato l’auto al nonno e l’ho accompagnata al Parco Virgiliano, dove l’attendeva Laura e chissà chi altro. L’ho restituita al suo mondo, che ormai non mi appartiene più, custodendo nel cuore la gioia di quel momento tutto nostro.
Giunto a casa, mi sono sistemato a fianco a Michele, davanti al televisore, per assistere a quel che restava dell’atto finale del mondiale del Qatar. Gol a raffica, prima dell’ormai abituale rito dei rigori. Emozioni forti e leggere, che ti regalano l’illusione di vivere la Storia. Ma la storia vera non è quella di plastica, che scorre dentro la tv, raccontata dalle parole enfatiche di un telecronista esaltato.
La storia vera, l’unica che conta, è quella della tua vita, che si consuma inesorabilmente e che vive di momenti apparentemente banali, come un giro in auto insieme a tua figlia, in un pomeriggio fuori dal tempo.
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